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Patto di non concorrenza nel franchising: tutela del know-how e conformità normativa

Il patto di non concorrenza nel franchising svolge un ruolo strategico. Nel franchising, infatti, il trasferimento di know-how rappresenta il cuore del rapporto contrattuale. Il franchisor mette a disposizione dell’affiliato un patrimonio organizzativo, operativo e commerciale altamente specializzato; di conseguenza, la tutela di tale know-how è essenziale non solo durante la validità del contratto, ma anche dopo la sua cessazione.
Uno degli strumenti più utilizzati per preservare questo vantaggio competitivo è il patto di non concorrenza franchising, clausola ormai ricorrente nei contratti del settore.

Funzione e ambito del patto di non concorrenza franchising

Il patto di non concorrenza impegna il franchisee a non svolgere attività concorrenti rispetto a quelle del franchisor per un periodo determinato. L’obiettivo è proteggere:

  • la reputazione e l’identità della rete;
  • il know-how trasmesso durante il rapporto;
  • l’assistenza tecnica e commerciale fornita dall’affiliante;
  • la clientela sviluppata nell’ambito della rete.

Come l’esclusiva, il patto di non concorrenza non è elemento essenziale del contratto e opera solo se espressamente previsto. Può riguardare sia la fase di esecuzione del contratto sia — più spesso — il periodo successivo alla sua cessazione.

Il patto di non concorrenza post-contrattuale

La clausola post-contrattuale ha una funzione preventiva e protettiva: impedisce che l’ex franchisee, tornato pienamente autonomo, utilizzi a vantaggio di concorrenti quanto appreso nella rete, sottragga clientela o replichi modelli operativi acquisiti.

Viene spesso utilizzata anche come deterrente rispetto a risoluzioni anticipate del rapporto.

La validità del patto non richiede un corrispettivo economico specifico a favore dell’affiliato, anche se il contenuto complessivo del contratto può tenerne conto, ad esempio nelle royalty o nelle condizioni di esclusiva.
È invece necessaria la specifica approvazione dell’affiliato ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., trattandosi di clausola vessatoria.

Limiti normativi: Regolamento (UE) 330/2010 e disciplina antitrust

I contratti di franchising con effetti rilevanti sul mercato italiano sono soggetti al Regolamento (UE) n. 330/2010, che disciplina gli accordi verticali e trova applicazione diretta anche ai patti di non concorrenza.

Per essere validi, i patti post-contrattuali devono:

  • essere necessari alla protezione del know-how del franchisor;
  • riferirsi a beni o servizi effettivamente concorrenti rispetto a quelli del contratto;
  • limitarsi ai locali o territori in cui il franchisee ha operato;
  • avere una durata massima di un anno dalla cessazione del contratto.

Una redazione imprecisa può renderli nulli o contrari alle norme antitrust, con gravi conseguenze per il franchisor.

Cosa accade in caso di violazione del patto

In caso di inadempimento del patto di non concorrenza post-contrattuale, il franchisor può ricorrere:

  • al procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., ottenendo un ordine giudiziale che impone all’ex franchisee di cessare immediatamente l’attività concorrente;
  • al risarcimento del danno, quantificabile con maggiore certezza se il contratto prevede una clausola penale specifica per la violazione dell’obbligo.

Questi strumenti consentono una tutela rapida ed efficace del patrimonio immateriale della rete.

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